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La dipendenza affettiva: quali sono le cause e come gestirla
Più di 2000 anni fa Ovidio scriveva “Nec sine te nec tecum vivere possum”, che, tradotto, assume il significato del non posso vivere né con te né senza di te, rimandando all’idea di un rapporto sentimentale difficile in cui sia la presenza che l’assenza dell’altro diventa talmente distruttiva da non riuscire a vivere.
Più di 2000 anni fa Ovidio scriveva “Nec sine te nec tecum vivere possum”, che, tradotto, assume il significato del non posso vivere né con te né senza di te, rimandando all’idea di un rapporto sentimentale difficile in cui sia la presenza che l’assenza dell’altro diventa talmente distruttiva da non riuscire a vivere.
 La dipendenza affettiva rientra, da pochi anni, all’interno della categoria delle nuove dipendenze, chiamate New Addiction, cioè forme di dipendenza che non hanno come oggetto una sostanza (es. alcool, droga) ma un comportamento o un’attività della vita quotidiana.
La dipendenza affettiva, in particolare, si manifesta all’interno dei rapporti interpersonali ed è caratterizzata spesso dalla scarsa autostima e la continua necessità di ricercare conferme sul rapporto e sul valore della propria persona, dalla preoccupazione costante di non essere all’altezza di determinati compiti o situazioni e dalla necessità di avere una figura di riferimento, che rappresenta l’unica ragione di vita.
La persona che soffre di dipendenza affettiva tende, inoltre, a mettere da parte i suoi bisogni e spesso nelle situazioni conflittuali reprime sentimenti di rabbia e tristezza che non può esprimere per timore di perdere l’altro e la relazione.

Perché si parla di dipendenza e quali possono essere le cause?

Chi vive una situazione di dipendenza affettiva è pervaso dai pensieri riguardanti la persona con cui si ha un rapporto d’amore e utilizza la maggior parte del tempo a farsi accettare dal partner e a cercare di trovare le soluzioni ai problemi e alle sofferenze che sono presenti inevitabilmente nel rapporto.
Di conseguenza vi è un completo disinteresse per tutto ciò che è al di fuori di quella relazione, come le amicizie, il lavoro, le passioni, gli hobby e a volte anche i familiari. Tutto quello che non riguarda il rapporto diventa sempre più inutile e perde di significato, perché chi soffre di dipendenza affettiva riconosce nell’altro l’unica “ancora di salvezza”.
Nelle situazioni di dipendenza affettiva, il rapporto spesso è tutt’altro che idilliaco e la persona con il passare del tempo si rende conto che la relazione provoca solo frustrazione e sofferenza ma non riesce a interromperla o a separarsi. La separazione, infatti, viene vista come un abbandono, quasi come una condanna che costringe a restare soli per tutta la vita.

La dipendenza però non è solo disfunzionale!

Da piccoli siamo totalmente dipendenti dai nostri genitori o da chi si prende cura di noi, l’essere umano infatti nasce in una condizione di dipendenza dall’adulto ed è l’unica specie vivente che ha necessità del caregiver per sopravvivere, sia a livello fisico che psicologico. Pian piano però questo rapporto di dipendenza deve riequilibrarsi, per permettere all’individuo di crescere in maniera sana e funzionale.

 Ci sono situazioni in cui questo avviene con più difficoltà, ecco alcune delle cause:

  • ATTACCAMENTO DI TIPO INSICURO AMBIVALENTE: il bambino che vive un attaccamento insicuro-ambivalente cresce in una relazione in cu la madre o chi si prende cura di lui, risponde alle sue richieste e ai suoi bisogni ma in modo non costante. L’imprevedibilità è una caratteristica che sperimenta sin da piccolo: il bambino si sente infatti a volte accettato a volte rifiutato e per autodifendersi mette in atto una strategia di controllo costante sulla madre, rinunciando a qualsiasi movimento esplorativo pur di mantenere con lei una vicinanza fortissima.
    Nella fase adulta, la persona che ha vissuto questa modalità di attaccamento può provare nelle relazioni con l’altro ciò che provava durante l’infanzia, in particolare la sensazione di essere abbandonato e la necessità di stare sempre accanto all’altro per paura di perderlo. Inoltre, la persona tenderà a credere che più il suo comportamento è aderente alle aspettative dell’altro, maggiori saranno le probabilità di mantenere quel rapporto, anche a costo di dover rinunciare ai propri bisogni personali.

  • MANCANZA DI CONFINI ALL’INTERNO DELLA FAMIGLIA: ci sono famiglie in cui i confini e i ruoli non sono ben definiti e non vi è un riconoscimento specifico dei sottosistemi (coniugi, figli, fratelli). Questo determina una grande confusione e l’impossibilità di poter avere uno spazio per sviluppare una propria individualità e iniziare un percorso di autonomia.
    Minuchin parla di “famiglie invischiate”, riferendosi a famiglie in cui c’è un grande senso di appartenenza e un forte coinvolgimento tra i vari membri ma i confini tra un individuo e l’altro e tra i sottosistemi sono confusi o del tutto assenti. Spesso queste famiglie presentano invece un atteggiamento di chiusura e confini rigidi nei confronti del mondo esterno, che percepiscono come minaccioso. In questi casi il bambino e poi l’adulto avrà difficoltà a costruirsi una propria identità e a percepirsi come individuo, se non in relazione con l’altro. Questo potrebbe condurlo a sviluppare delle modalità dipendenti nelle relazioni che instaura con l’altro.

  • EVENTI TRAUMATICI: in particolare se vissuti durante l’infanzia, possono acuire la dipendenza nei confronti del caregiver e rallentare il processo di crescita e autonomia personale. Questa modalità relazionale potrebbe venire riproposta anche nelle relazioni future dell’età adulta.
La dipendenza affettiva, dunque, è una modalità relazionale che ci accompagna fin da piccoli, quando impariamo a guardare noi stessi e il mondo solo attraverso l’altro.

Come gestire la dipendenza affettiva

Per imparare a gestire la modalità dipendente all’interno dei rapporti interpersonali è importante affidarsi a un percorso psicoterapeutico.
Durante il percorso è necessario anzitutto che la persona diventi consapevole della sua modalità di relazionarsi e di quanto questa sia di ostacolo al suo benessere. È importante, dunque, che la persona si concentri più sulla possibilità di stare meglio che sulle strategie per mantenere quel legame. Il lavoro principale è quello di accrescere l’autostima per far sì che la persona possa iniziare a percepirsi e comportarsi come un individuo autonomo. Intraprendere un percorso di consapevolezza e accettazione dei propri bisogni, delle proprie emozioni e pensieri è fondamentale per migliorare l’autostima e accettare le diversità proprie e altrui, fondamentali per un processo di crescita. Inoltre conoscere le esperienze relazionali/familiari e gli eventi di vita passati è molto utile al fine di acquisire consapevolezza di modalità relazionali già presenti prima della relazione d’amore. Connettere il passato con il presente e dare nuovi significati agli eventi e ai legami vissuti, permette all’individuo di narrare una nuova storia e di iniziare il proprio percorso di individuazione e autonomia, anche rispetto alle figure familiari.
È in particolar modo la relazione terapeutica che si instaura durante il percorso e che funge da modello per il paziente, che permetterà a quest’ultimo di relazionarsi a sua volta con modalità che consentano l’autonomia, la libertà e la crescita.

Bibliografia

  • A.G. Canovi, Di troppo amore. Fuori dal labirinto della dipendenza, Sperling & Kupfer (2022)
  • Minuchin S., Famiglie e Terapia della Famiglia, Astrolabio (1976)
  • Marie- Chantal Deetjens, Dire basta alla dipendenza affettiva. Imparare a credere in se stessi, Il Punto d’incontro (2009)

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