Per poter parlare di comunicazione e di quanto questa sia importante all’interno di qualsiasi relazione – in particolar modo in quelle più significative, come nella famiglia o nella coppia -è bene fare due premesse.
La prima: tutto è comunicazione o, come diceva Watzlawick “Non si può non comunicare”, (per i più interessati sul tema invito a dare uno sguardo alla nota bibliografica di questo articolo).
Cosa significa? Che è inevitabile comunicare.
Questo articolo ha lo scopo di individuare gli errori “verbali” che commettiamo nella nostra comunicazione, le parole di troppo, ma allo stesso tempo anche quali “atteggiamenti comunicativi” sbagliamo ad adottare e che influiscono negativamente sulla relazione che stiamo vivendo con l’altro.
Conclusione di questa prima premessa? Consideriamo importanti le nostre parole, ma altrettanto il linguaggio con il quale parla il nostro corpo.
La seconda: la nostra comunicazione non sarà mai “impeccabile” o perfetta.
Per quanto si cerchi di stare attenti alle parole utilizzate o al come stiamo dialogando, inevitabilmente ci sarà sempre e comunque una parte della nostra comunicazione che sfugge alla consapevolezza e alla volontarietà, che passa e arriva all’altro e che è guidata dai nostri vissuti e dalle nostre emozioni connesse alla relazione che stiamo vivendo.
Conclusione di questa seconda premessa? Utilizziamo la nostra testa per migliorare o rinforzare il nostro rapporto di coppia anche attraverso una buona comunicazione, ma lasciamo il giusto spazio alla nostra pancia per poter parlare meglio.
Entrando nel merito di questo articolo, parliamo ora di parole che possono far male alla coppia. Non metto in dubbio quanto ognuno di noi sia bravo, quando vuole, nel saper far arrabbiare il proprio partner. Lo siamo meno nel renderci conto dei nostri errori poco intenzionali.
Passiamone in rassegna alcuni:
- Parole che svalorizzano il partner o lo colpevolizzano
Esempi: “Non capisci niente”, “Tanto è inutile parlare con te!” - Parole che imbarazzano il partner
Accade, ad esempio, quando riveliamo ad amici dei “segreti” del nostro partner che non vorrebbe siano rivelati mai. Chiediamoci allora perché lo facciamo e se ci sia una valida alternativa a ciò.
Inoltre, consideriamo anche il fatto che ciò che noi riteniamo futile o poco imbarazzante, non necessariamente implica che lo sia altrettanto per la nostra dolce metà. - Parole che servono a “psicologizzare il partner”
Esempi: “Tanto so che quando fai così… vuol dire che ….” oppure “Se non lo capisci da solo è inutile”
Gli esempi appena riportati ci aiutano a capire quanto un atteggiamento “psicologizzante” sia facile e frequente da attuare, ma soprattutto quanto sia deleterio per la comunicazione e per la relazione di coppia.
Nel primo caso (“Tanto so che quando fai così/vuol dire che”) tendiamo ad interpretare il comportamento del partner classificandolo e dandogli uno specifico significato. In questo modo, DIAMO PER SCONTATO l’altra persona, i suoi atteggiamenti, pensieri ed emozioni. Ma non è detto che quel comportamento, verificatosi altre volte, abbia lo stesso significato comunicativo delle precedenti; inoltre, non è detto che quello che vediamo sia ciò che accade in realtà, ancora di più se consideriamo che la realtà è comunque filtrata dagli occhi di chi la guarda.
Nel secondo caso (“Se non lo capisci da solo è inutile”), assumiamo direttamente il ruolo di Psicologo della coppia, scegliendo per l’altro cosa sia giusto o meno, cosa sia utile o meno, cosa debba o non debba fare. Ricordiamoci in tal senso che nella nostra coppia abbiamo un ruolo specifico e già difficile da assolvere: quello di essere partner. Non siamo genitori, non siamo psicologi. Siamo partner. Proviamo a concentrarci su questo. - Parole “egocentriche”
Esempi: “Non mi ascolti mai” oppure “Lo sai che quando fai così mi fai proprio arrabbiare”
Sono parole egocentriche perché il centro dell’attenzione viene spostato dalla coppia alla persona che utilizza questo tipo di comunicazione. Il rischio è di perdere di vista l’altro e la relazione, sbilanciandosi anche in questo caso. - Generalizzare ed assolutizzare ciò che si dice.
Termini comunicativi come “mai”, “sempre”, “ogni volta” o “qualsiasi cosa” dovrebbero scomparire nel dialogo di coppia, dando un maggiore spazio a specificare meglio in quali occasioni si è verificato quello che stiamo dicendo all’altro o che ci ha fatto arrabbiare, circoscrivendo, quindi, meglio le nostre parole e limitando la portata emotiva della nostra comunicazione rendendola maggiormente affrontabile. - Parole del “Va tutto bene”
Che la relazione sia di pace o di guerra, si è impeccabilmente sereni con l’altro e non si discute. Conseguenza positiva: la coppia sembra andare avanti in modo sereno.
Conseguenza negativa: emerge la poca trasparenza della relazione, la minore autenticità dei nostri pensieri e delle nostre emozioni che teniamo per noi non rivelandole al partner. Davvero la nostra coppia è serena in questo modo? - Parole che disorientano l’altra persona
Vi è mai capitato di sentire vostro marito (esempio casuale!) dirvi “Amore, quanto sei ingrassata” e subito dopo aver visto la vostra reazione ammortizzare con un “Ma dai, lo sai che quando dico queste cose scherzo!”. Ebbene, a cosa credere, se si dice una cosa e subito dopo il suo opposto? - Parole del “dico e non dico”
Strettamente connesso al punto precedente (il risultato per chi ascolta è pressocchè lo stesso), possiamo parlare con l’altro e dire tutto e niente allo stesso tempo.
Ad esempio, mentre si sta facendo un discorso, chiuderlo con “dai, lo sai cosa voglio dire”. - Istruzioni paradossali
Mettendo per implicito che già il dare istruzioni al partner non è suggeribile in quanto rende il rapporto poco simmetrico, dare istruzioni paradossali, ovvero istruzioni che per essere eseguite dovrebbero non seguirsi, lo è ancora di meno.
Facciamo un paio di esempi:
“Per favore caro, questa sera con gli amici, cerca di divertirti!” o anche “Mi piacerebbe che tu mi desiderassi di più”.
Lascio a voi lettori ulteriori riflessioni in tal senso, certo è che in questo caso stiamo parlando di vissuti emotivi che per loro caratteristica dovrebbero essere del tutto spontanei e quindi involontari.
- Infine: Mettere fretta, completare le frasi dell’altro, parlare al suo posto.
Stiamo facendo una domanda? Aspettiamo la risposta del partner rispettando il suo tempo, del tutto personale e diverso dal nostro. Diamogli il tempo per riflettere o per trasmetterci ciò che sente. Aspettiamo il nostro turno e poniamoci in un ascolto davvero “attivo” e “partecipante” di ciò che l’altro ci sta comunicando.
Vorrei concludere questo piccolo e sicuramente non esaustivo decalogo degli errori comunicativi in coppia con un piccolo segnale positivo da poter osservare alla fine di un dialogo o di un confronto.
Un segnale emotivo: la serenità.
Se siamo sereni significa che siamo riusciti a comunicare all’altro le nostre intenzioni, i pensieri e le nostre emozioni e che l’altro è riuscito a fare altrettanto. Anche se il dialogo è stato estenuante e faticoso. Anche se abbiamo discusso, urlato o litigato.
Se quello che rimane di un dialogo è la serenità mia e dell’altro significa che la relazione è stata rinforzata dalla comunicazione appena avvenuta.
Leggendo il decalogo degli errori sopra riportato, probabilmente qualcuno di voi si sarà riconosciuto in uno o più esempi e ciò potrebbe essere oggetto di discussione con un partner, con un amico, con sé stessi. È quello che mi auguro possa accadere con questo articolo.
Comprendere i propri errori è senz’altro importante (altrimenti avrebbecredo anche poco senso leggere un articolo che tratta proprio di questo!), lo è ancora di più ammettere i propri sbagli – a sé stessi e al partner – e accettare l’inevitabilità del prossimo errore comunicativo.
BIBLIOGRAFIA
- Paul Watzlawick, Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi, Astrolabio editore, 1971
- Guglielmo Gullotta, Commedie e drammi nel matrimonio, Feltrinelli, 1976